GABRIELLA GAROFALO, nata a Foggia nel 1956, vive a Milano. Presente
in numerose riviste ed antologie, ha pubblicato
tre raccolte di versi: Lo sguardo di Orfeo
(Cesati editore, Firenze, 1989), L'inverno di vetro
(Edizioni dell'Arco, Milano, 1995), Di altre stelle polari (Stampa spa, Brunello - Varese, 2003).
Leggere la poesia referenzialmente:con riferimento
alle realtà storiche e materiali ad essa
sottese o allusivamente, come trasfigurazione
del reale?
Poesia come luogo testuale che rende possibili
letture multiple; la scelta spetta al lettore,
il poeta può limitarsi ad utilizzare le sue
parole per suggerire una lettura che non
sia univoca.
Influire sulla struttura di ogni elemento
del linguaggio perché ricopra funzioni diverse
da quelle che ha nel linguaggio della prosa.
Per quanto concerne la mia poesia, l'impulso
ritmico deve trasmettere una sensazione di
iteratività, di ossessività, rafforzata dalla
presenza delle parole-chiave, che sono le
parole fondanti del mio discorso.
Poesia come conquista drammatica e quotidiana
per immergere le mani nella lava della mia
ed altrui esistenza e recare ordine là dove
c'è disordine: per questo, forse, il mio
è un linguaggio poetico complesso, impervio,
refrattario ad un'interpretazione immediata.
La risposta, quindi, è a quest'interrogativo:
è possibile conferire ordine ed attribuire
voce ai frammenti disarticolati ed afasici
di tutte le esperienze con cui si viene a
contatto?
Il linguaggio poetico come spazio chiuso
in se stesso, percorso da continui ritorni
di parole-chiave, dove si manifestano simmetrie
o asimmetrie che finiscono poi per ricomporsi
in altre simmetrie, costituendo così un gioco
di parole-chiave e di elementi variabili.
Di fronte alla drammaticità dell'esistenza,
alla sua insostenibile leggerezza, scelgo,
in totale autonomia, di vivere fino in fondo
le mie ossessioni, in un tentativo di occultarle
o di mostrarne nuovi aspetti inaspettati,
dietro le molte maschere che il linguaggio
mi può consentire; sono queste maschere che
conferiscono nuova forma ai contenuti,gli
danno slancio, lo spingono a levarsi o lo
rendono scabro e desolato come un paesaggio
roccioso (Death Valley, quadri di Nicholas
De Stael).
In questo modo, raggiungo una consapevolezza
di me, e della mia parola, come realizzazione
momentanea, ma completa, della mia esistenza.
Mi piace pensare che il poeta sia un esiliato
dalla prima parola, dalla parola dell'inizio:
i tentativi di ricerca poetica potrebbero
quindi nascere come una rivolta contro questo
esilio, come espressione di un desiderio,
forse impossibile, di ritorno a quell'inizio,a
quella parola, e di un altro desiderio: raggiungere
uno slancio di cattedrale gotica là dove
l'usura del quotidiano richiede o esige banale
regolarità.
04/08/2004
Semplicemente hai pensato la luce
mio prato lontano da disperdersi,
anima che sola tensione hai la clausura-
di rado per lievi attimi sfiorata
da levarsi di luna
livida ustione imprevedibile
se desiderio blu-cobalto
di avide comete ti sceglie cibo-
non trova altro e ha fame.
04/09/2004
Sia luce oggi,madre Luna,
splendidamente nera levati
di blu-cobalto, mentre segue l'anima
insieme a te ustionando-
esigere che l'anima non arda
è chiedere al fuoco stesso
di grembo di esistenza
non più ardere, vivo, soltanto vivo
nel silenzio bianco.
22/08/2004
Di altra luce tu rispondi-
madre Luna non è tuo il sonno che ritempra
dove getti quando esplode vita
perché sia verde di erba
prato che vita slenta
a bruciante dissenno-
e vita calpestano tuoi raggi i corpi
che solo intendono quel bianco quel sonno
quel dissenno-
di nuovo, di nuovo si rintana nella notte-
ma in verde prato, Luna, persino in bianco
suo dissenno
Padre potrai gettarti di esistenza.
LUNA DONNA |