ROBERTA MELLA: Mi chiamo Roberta, ho 43 anni, faccio l'educatrice
di nido e ho tre figli. Scrivo da quando
ero praticamente bambina, anche se per molti
anni ho tralasciato. Da circa un anno ho
ripreso, per tenere a bada me stessa mentre
percorro una strada difficile, e per prendermi
cura di me. Scrivere certamente mi permette
di trattenere la vita anche quando non ne
vorrei sapere. Sono fortunosamente e sfortunatamente
incappata in un amore duro e impossibile,
al femminile. In una relazione per certi
versi drammatica, per altri ridicola.
IL MIO PENSIERO A TE…
Il mio pensiero a te
Lo puoi trovare
Sulla lama del rasoio che ferisce
Il confine tra il tenero tramonto
E il profondo buio di passione.
Il mio pensiero a te
Vallo a cercare
Sulla striscia di sabbia che separa
La fragile e tremula laguna
Dall’oceano di forza e di tempesta.
(Febbraio 2004)
Le tue spalle di nidiaceo
(che ho potuto intuire bontà tua)
potrebbero aver danni se,
dopo che hai avuto avvertimento
di rovesci, calme inquiete e temporali,
il torrente improvviso
in piena rompe.
Non chiedermi parole in questa ora,
sii contenta del gesto,
del canto e dello sguardo.
(23-02-04)
Luna (che ovvietà)
rotonda,
soffice, molle,
buona:
non me ne può importare meno.
Solo se affilata,
appuntita,
infilzante,
seminascosta:
allora sì.
(9-03-04)
Ma non desidero:
prendere,
possedere,
entrare,
non ci arrivo mai.
Ho ben altro da fare,
che mi piace di più,
che mi è più caro.
(11-03-04)
I miei baci intrecceranno una ghirlanda,
per la fronte, i pensieri e i tuoi capelli
( ala di corvo),
di fiori che mai verranno colti.
I miei baci infileranno una collana
di perle sempre chiuse dentro l’ostrica,
a ornamento della gola e la voce e la parola.
Le carezze invece saranno il mantello
lieve alle spalle e che protegge,
non tessuto mai da alcun telaio,
sempre filo soltanto ammatassato.
(14-03-04)
Aggrappati fortissimo,
e abbi fede
che il ramo non si spezzi,
la roccia non si sgretoli,
l’impalcatura regga.
Comunque
io qua sotto
sono immobile.
(14-03-04)
Strappo con le unghie
quarti d’ora
al giorno.
Mastico minuti
levigando le parole tra i denti.
Ti cullo
Senza sosta.
Porto con me
Un nocciolo duro da spaccare
Un seme faticoso da incubare.
Arriverà un travaglio memorabile
Un parto da dimenticare.
Mai un mio dito
schiuderà le labbra.
(16-03-04)
Aspettatemi,
strascichi di velo
di parole.
Adesso vengo
e vi avviluppo.
Se siete sfilacciati
Vi farò un orlo che ripara
Se avete strappi
un rammendo che protegge.
(17-03-04)
Ho compiuto il periodico e fatidico
pellegrinaggio nel mito della mia persona:
la stagione è propizia
anche l’ora lo è stata.
Tanto varrebbe però
puntarsi un blak & deker in mezzo al
petto
e trapanarsi dentro.
Gli occhi poi
ho dovuto afferrarli con le mani
per scagliarli nei luoghi da esser rivisti,
perché loro non se ne davano per inteso.
Allora invece andavo cieca,
gli altri sensi attenti.
Ho detto:- Adesso guardo avanti
e vi incontro tutti.
Ma poi nessuno è apparso,
nessuno c’era.
(23-3-2004)
Sbriciolo il pane sopra il mio davanzale,
aspetto il passero
dietro ai vetri,
il suo frullo d’ali.
Sbriciolo me stessa
aspetto te.
Guardo dietro ai vetri
se ti vedo arrivare.
(4-4-2004)
ORIZZONTALI
La notte è tua, e tu sei la creatura dalle
cui mani cola la luce che bagna i pensieri,
e si fa stelle.
La sera tardi, la notte, l’alba, ti appartengono.
Di giorno invece tornano i conti, in pareggio,
in debito, in credito, dipende.
Il sole abbaglia e confonde ciò che vedo.
Il buio mi lascia percepire quel che sento.
(14 aprile)
Mi son vista da lontano, salutarti come se
io restassi sopra un molo e tu partissi col
piroscafo.
Poi ho visto che stavi sulla soglia dello
spazio notturno che ti dedico.
Mi son detta che è come la marea: se ne va
e poi torna, e non è sempre uguale nel tempo
e nell’intensità. Come il respiro.
Il cassetto col tuo nome non ha serratura,
è senza chiave.
Sto controllando tutti i giorni la rosa sul
balcone, se stanno per aprirsi i suoi piccolissimi
boccioli, perché ormai è deciso: la prima
ti spetta di diritto.
Di te ho così tanto che non resterò mai più
senza.
Vedi come sei presente? E’ notte, e non può
essere mai tutto-o-niente. E’ molto.
Se mi allontano un poco l’orizzonte si allarga.
E tu sei nel cielo a seconda delle (mie)
stagioni, come le costellazioni, a oriente,
a mezzogiorno, ad occidente. Il nord non
è previsto.
Ti amo quando non ci sei, vuol dire che amo
di te il mio pensiero? Amarti quando sei
presente non mi riesce più, direi che me
l’hai tolto
(30 aprile)
Vorrei profanare il tuo cuore, come la camera
proibita in fondo a un tempio.
Non ho dio, ne dee, ne divinità.
Mi piacciono i tuoi denti. Vorrei provarli
tutti, senza escluderne nessuno: provarne
il morso e provare a toccarli con le dita.
Mentre ti preparavo il taboulè ho pensato:
vorrei essere uno di questi granelli di boulgur,
per finire più tardi tra le tue labbra.
Dopo la cena ho guardato tra il taboulè avanzato:
il granello di boulgur che ero, era rimasto.
Quanto son belle le increspature che hai
agli angoli degli occhi: quando sorridi sono
simili a raggi che si sprigionano liquidi
e guizzanti dai piccoli soli dorati con cui
guardi.
Il mio cuore non è andato in briciole, ma
certo è pieno di crepe: ogni volta che un
pezzo si staccava, l’ho riattaccato al resto,
come con la colla.
Ho perso qualche scheggia, qualche frammento
mancherà per sempre.
Il tempo in cui, invece di dormire, resto
sveglia, è tempo in più di cui dispongo per
amarti.
Non tocco me stessa, se è te che vorrei toccare.
(maggio)
I miei orecchini te li lascerei per sempre,
ma ne ho una grande nostalgia, adesso che
li hai portati tu e mi è toccato metterteli,
chinandomi su di te e tenendo tra le dita
quei piccoli lobi e delicati che hai, dei
petali, praticamente. Una tortura, praticamente
(10 giugno)
Sirena, di cui seguo il canto ineludibile,
mi fai naufragare nel mare indaco notturno.
Non c’è stella polare che mi renda ad una
rotta condivisa nella norma.
(giugno)
Ho un tatuaggio delle tue sembianze nella
carne della mente, e un altro del tuo canto
nella carne dentro il cuore.
(13 giugno)
Lasciati cadere su di me, voglio sentire
il tuo peso lieve contro il mio.
La scia cadere il tuo cuore su di me, che
voglio sentirlo conto il mio.
(29 giugno)
Quando tutto sarà calmo e disteso, e si alzerà
un alito tiepido che sfiora appena e poi
cade, non pensare ad un angelo stanco del
suo anonimato. Sono io che ti tocco delicatamente
i pensieri e con un dito ne seguo il contorno.
Non è più una carezza rapace, ma ancora le
mani son liquide, la bocca tenera e il respiro
possibile e libero. Tornano i tuoi nomi d’amore
e li ritrovo intatti e in attesa. Tutto questo
non manca e non è fatto per dare dolore.
(27 luglio)
Sei la mia privata ossessione, il mio amore
clandestino, la mia emozione di contrabbando.
Mi sei compagna di risvegli e crepuscoli.
Non ho smesso nemmeno un’ora d’amarti, qualunque
sia stato il modo, anche nella rabbia, persino
nella colpa.
Non hai mai smesso di mancarmi intensamente,
ma resta, come sempre nel luogo che tu hai
scelto, non voltarti Neanche, non alzare
lo sguardo.
Nella mente ho l’immagine della tua schiena,
della nuca e dei capelli, non degli occhi.
Anche se i tuoi occhi io li guardo più che
posso ( faccio scorta, non basta mai), non
vogliono restare.
Sconto docile questo amore separato, rendo
volentieri un prezzo di silenzio, adesso
che il silenzio mi da di che parlare.
(12 ottobre)
Se vai via non dirmelo, non passare per un
saluto, io lo so: ti benedico e ti poso un
bacio sulla fronte.
Tu sei sempre così bella, segreta, cupa.
Quando sei tesa e triste, o stanca, e i tuoi
occhi sono come pozzi insondabili e le tue
rughe sono le tue ferite. Quando sei rilassata
e allegra e i tuoi occhi sono stelle e la
tua pelle ambra bambina. E poi mi piaci quando
sei attenta e ti concentri, ascolti, pensi,
rispondi. Sei bella quando porti gli orecchini
e quando canti. Molto di più quandoè ancora
estate e sei in vacanza sei in vacanza…
(15 ottobre)
Da dentro questa mia casa ti percepisco fuori,
dietro ai vetri ti seguo con i sensi. Esco
in giardino e resto di qua dello steccato,
ti osservo attraverso i rovi delle more,
che feriscono gli occhi, e ti osservo attraverso
le volute del gelsomino, che per gli occhi
sono sollievo.
Io non vado via, se vuoi farmi visita mi
trovi, bussa, chiedi permesso, e io ti apro
il cancello e poi la porta. Se vedi che le
tende sono basse puoi ripassare un’altra
volta?
(ottobre)
Ti ho pensata con desiderio, ho pensato al
tuo viso, alle sue espressioni, alle tue
parole e alla tua voce, quando sei abbandonata
all’amore.
Non l’ho fatto con intenzione, non sono cose
che cerco, ma ogni tanto mi capita, e sono
sorpresa io stessa. Restare presente a questi
pensieri che appaiono di contrabbando nella
mia mente, mi sembra possibile.
Poi, come stelle cadenti, si spengono, io
non li alimento.
(ottobre)