Sacha Rosel ha una laurea summa cum laude in
Lingue e Letterature Straniere Europee e una laurea magistrale in
Lingue e Civiltà dell’Asia Orientale, specializzandosi rispettivamente
in lingua inglese e in lingua cinese con due tesi a tematica letteraria
di ispirazione femminista. Oltre ad aver partecipato a numerose
antologie collettive di stampo horror, fantastico e/o noir, ha
pubblicato una raccolta di poesie, Carne e Colore (Noubs, 2008), un
romanzo horror di ispirazione cinese, Fiori nell’ombra (Demian, 2012) e
un romanzo fantascientifico, La foresta delle idee (Demian, 2016), di
cui è stato rieditato da poco un estratto, il racconto lungo Pandora,
Ricordanza (Delos Digital, 2024). Ha inoltre all’attivo un romanzo in
inglese, My heart is The Tempest (Vraeyda, 2021), il primo di una
trilogia dark fantasy ispirata a La Tempesta di Shakespeare. Ha
tradotto diversi romanzi dall’inglese all’italiano, fra i quali la
trilogia Warcraft - la guerra degli antichi di Richard Knaak. Collabora
con diverse riviste e portali quali Thriller Magazine.it (thrillermagazine.it), Libro Guerriero (libroguerriero) e Leggere
Donna (leggeredonna.it). Il suo sito personale,
prevalentemente in inglese, è lunadonna.net,
comprendente anche una parte italiana che ospita contributi di artiste
donne. Ha inoltre un blog personale in inglese (sacharosel.substack), dove scrive le sue
impressioni sulla scrittura e recensioni di libri.
Esplorare il
femminile è il mio modo di assumere
una visione critica del mondo. Femminile
è per me tutto quanto tenti di scardinare
e smontare il sistema attraverso una continua
ricerca di rinnovamento del/nel reale. "Femminile"
vuol dire considerarsi processo e mutazione
continui rispetto alla cultura dominante,
che va assimilata per essere scavalcata.
"Acqua
Viva": articolo apparso su "Leggere Donna", n. 72, gennaio-febbraio 1998 |
"Acqua viva" di Clarice Lispector,
Sellerio, Palermo, 1997, pp.78, Lit. 22000
di Sacha Rosel
Una pittrice decide di "evocare i regni
incomunicabili dello spirito" (Michel
Seuphor), trasmettendo la libert?incondizionata
di se stessa in libert?all'uomo che ha smesso
di amare, e lo fa scegliendo ci?che per
lei rappresenta la quarta dimensione: la
parola in forma di libro, usata come se dipingesse
la realt?con il colore della trasparenza,
o della placenta, simbolo ricorrente non
di parto esterno ma di parto del s?(o meglio,
del si-?, autorinascita dall'oscurit?della
notte al lampo del giorno. Ponendosi come
una finestra di fronte al mistero delle frasi
che sgorgano rivelando il mondo, l'io si
appresta alla visione degli istanti, scoprendo
l'impersonale, e nella scomparsa dei confini
tra entit?persone, svanisce il filo lineare
della cornice-libro, sbocciando in cornice-pagina.
Ogni foglio ?un quadro, o se preferite un
istante, da trascorrere a piacere come e
quando si vuole, separatamente dagli altri
fogli.
Che cosa spinge Clarice a tuffarci nei frammenti
dell'anima? ?forse la curiosit?a spingere
a scrivere, a dipingere, a leggere? Curiosit?
luminosa, che spinge ad attraversare l'istante
nel momento stesso in cui nasce e, compiendosi,
muta in scrittura, in segno di parola e colore,
anima e acqua, odore dell'impersonale e dell'indistinto.
Il crepitare di Clarice c'insegna la scrittura
come incontro-illustrazione dell'Altro, illuminazione
del segreto tempo di vivere, carne dell'invisibile
magia insita fra le righe del nulla-beatitudine
e della paura. Perch?essere vita ?paura,
l'Essere-Vita fa paura e rode l'universo
di morte che affrontiamo fuori da noi stesse
ed in cui ci costringiamo, nell'accumulazione
dei giorni. Ma giunge la parola viva e nuda:
?l'essenza dell' "it", ossia della
Forza che Esiste nell'aria, di cui riusciamo
a volte a cogliere il lampo di allegria in
un barlume di magnetica pienezza al di l?
del desiderio, ma che non si pu?descrivere,
una volta tornate sulla superficie quotidiana
di dolore e indifferenza. La parola nuda
taglia l'accumulazione, cancellando la struttura
della creazione in un "fac-simile di
libro" (p.46) che ?nascita continua,
eterna annotazione senza inizio n?fine,
e per questo pura grandezza del proprio splendore
("voglio la seguente parola: splendore,
splendore ?un frutto nella sua succulenza,
frutto senza tristezza", p.23). ?acqua
che scorre nello stupore della rapidit?
perch?istante genera istante, perch?la
lettura degli istanti in successione richiede
avidit?dell'intervallo bianco, bagliore
sensuale di esperire la trasfigurazione,
il respiro bocca a bocca con l'oggetto ("gli
oggetti sono tempo fermo?", p.38) e
con l'animale ("le bestie mi affascinano.
Sono il tempo che non si conta", p.42),
il nocciolo molle e umido dell'Altro, il
soprannaturale trasparente e oscuro dietro
il pensiero, lo specchio come "vuoto
cristallizzato che ha dentro di s?spazio
per andare sempre innanzi senza fermarsi"
(p.64). E nella trascendenza mistica, nascosta
tra i riflessi della dura acqua, ci?che
conta ?l'anonimato, l'assenza del quadro-persona,
dello schema io-tu / noi-l'altro / scrivere-
leggere: l'improvvisazione. Il lasciarsi
scrivere il libro dalla propria mano e il
lasciarsi leggere da Clarice, senza interferire.
Cos?si raggiunge la vera spersonalizzazione
del (dis)incarnato, che non si irradia pi?
nello scrivere-leggere, ma nel dare-ricevere,
l'atto d'amore insoluto e sempre nuovo che
pulsa d'acqua e che ci risveglia di vita
pungendo, forse, come una medusa ("agua
viva", ci dice il traduttore in una
nota iniziale, ?anche un'espressione usata
per designare la medusa). Allora la realt?
perde la sua patina dorata per mostrarsi
al si-? "on peut commencer ?adorer
(...) un texte (qui) déborde tout livre et
vient ?notre rencontre se donner ?vivre"
(possiamo iniziare ad adorare (...) un testo
che oltrepassa il concetto stesso di libro
e viene ad incontrarci dandosi la vita, Hélène
Cixous, "L'approche de Clarice Lispector"
e "Le dernier tableau" in "Entre
l'écriture" , Des Femmes, 1986).
LUNEDI' 30 APRILE, 2001
Alcune autrici fanno leva sul contrasto tra
l'essere "donna" in quanto partoriente
in potenza (e quindi ridotta alla funzione
di procreatrice), e il non essere "donna"
nell'abbracciare la carriera sociale. Ma
perch?dare tanta enfasi alla riproduzione,
se ci?che conta ?acquisire una propria
identit?non scissa dalla dittatura natura/cultura,
imposta dall'esterno? In fondo, nell'atto
della riproduzione non si determina soltanto
uno spostamento dell'oggetto donna da moglie-propriet?
di un uomo, a madre-propriet?di un bambino?
Se lo scopo ?la libert?e l'interezza, perch?
far leva su un'ennesima forma di schiavit?
ancora pi?grave perch?doppia - non pi?
resa schiava dal marito con la strategia
della passivit?ma schiava attiva e consenziente
che, attualizzando un desiderio scaturito
da un egoistico delirio di onnipotenza (leggi:
poter dare la vita a qualcuno), ponendosi
come illusoria carnefice si costruisce da
s?un nuovo strumento di tortura inscritto
per sempre dentro di s? e proprio per questo
ulteriormente intenzionato a rigettarle contro
lo specchio della loro mutuale schiavit?
voluta da lei?
"Percepire
l'ignoto": articolo apparso su "Virus", Anno 2, n. 3, 1997 |
PERCEPIRE L'IGNOTO
L'analisi dei fenomeni di follia ha sempre
implicato, dal Rinascimento in poi, un discorso
della Ragione sulla Non-ragione, dell'inclus
sull'exclu, come osserv?acutamente Barthes
a proposito del saggio "L'HISTOIRE DE
LA FOLIE" di Michel Foucault. Per citare
le parole eloquenti di Barthes: "L'histoire
de la folie ne pourrait être vraie que si
elle était naïve, c'est-?dire écrite par
un fou; elle ne saurait alors être écrite
en termes d'histoire..." ("La storia
della follia potrebbe essere vera soltanto
se fosse naïve, cio?scritta da un folle
ma in tal modo non saprebbe essere scritta
in termini di storia"). Questo paradosso
?altrettanto inevitabile in molti film che
trattano l'argomento della follia. Un primo
esempio ?dato da "Diario di una schizofrenica",
film dell'annata sessantotto del misconosciuto
Nelo Risi, tratto da un omonimo libro-studio
di Marguerite Sechehaye (disponibilie presso
la Giunti a Lit. 20.000) su una giovane ragazza
affetta da "problemi " psichici.
L'opera filmica ha alcuni difetti (soprattutto
l'ultima mezz'ora temporalmente troppo compattata,
come capita spesso nelle trasposizioni di
fatti biografici), ma anche notevoli pregi.
Innanzitutto una maggiore attenzione alla
"corporeit?sensibile" dei segni
(in questo caso le attrici) rispetto al linguaggio
inteso come flusso di comunicazione verbale:
lo scontro che poi si evolver?in incontro,
tra Blanche l'inclusa e Anna l'esclusa, si
configura infatti come un'opposizione tra
parole e gesti, linguaggio e simboli, che
in alcuni momenti dell'opera, soprattutto
nella fase iniziale della terapia, emerge
attraverso gli elementi cromatici (penso
allo sfondo chiaro dello studio su cui si
stagliano il blu degli abiti di Blanche e
il lilla di quelli di Anna). In secondo luogo,
l'approccio della Ragione (Blanche) alla
Non-ragione ?posto in termini di eguaglianza,
in vista di un dialogo tra pari, da donna
a donna. Blanche si oppone alla figura del
dottore, caratterizzata da valori negativi
("Con loro non c'?niente da fare. Gli
schizofrenici ci avvelenano il sangue",
afferma infatti il medico della clinica),
ma anche a quella della madre, che spesso
troppo presa dal proprio egoistico orgoglio
di generatrice di vita, non riesce a dare
spazio all'affetto. Dice Blanche: "Io
non sono dottoressa. Io cerco di far guarire
senza medicine, di capire il loro bisogno
di essere amati. Ci vuole pure qualcuno che
assuma su di s?il loro male." ?questa
in sostanza la sua operazione di partenza:
l'identificazione con l'altra, per riuscire
ad accedere alla chiave del mondo interno
di Anna e per procedere dunque alla costruzione
di una solida personalit? L'operazione successiva
si instaura lungo i canoni della psicoanalisi
freudiana che, ed ?questo l'aspetto pi?
interessante del film, almeno per questa
volta non si traducono nell'applicazione
incondizionata del fallocentrismo, bens?
in vitali simboli di maternit? Una volta
scoperta la causa centrale del blocco psicologico
- ossia la carenza di affetto materno - la
Ragione pu?instaurare un rapporto con la
Non-ragione, creando un recupero della figura
della madre che abbiamo visto in precedenza
opporsi a quella di Blanche. Ecco dunque
l'emergere delle immagini dell'albero (mamma),
della mela verde (latte del seno materno)
e in generale del colore verde (benefica
calma): in questo modo l'esclusa impone i
propri simboli, facendoli diventare realt?
attraverso la sua curiosit?che ?quella
di un bambino di fronte al mondo. Ma per
capire chi vive in una realt?parallela,
?necessario avere pazienza: il ruolo della
madre comporta una presenza costante nell'universo
della figlia che va dalla gestazione al cammino
di crescita; cos?quando Blanche, non avendo
ancora chiara l'importanza del proprio ruolo,
si dedica ad altri pazienti, scatena la gelosia
infantile di Anna che regredisce nello stato
pi?tenero dell'infanzia. Anzi, ignorando
l'esistenza del proprio corpo, la ragazza
vive di fatto nella penombra verde del corpo
della madre. La terapia dar?i suoi frutti
e anche i suoi dolori: "Oggi Anna pu?
fare a meno della mia presenza, perch?mi
porta stabilmente dentro di s?e sono io
che la devo perdere. Sento dentro come un
lutto, ma questo ?il prezzo di una nascita".
Ed ?qui che il film perde un po' della sua
efficacia, condensando in maniera sbrigativa
pi?di tre anni di vita e di crescita insieme;
il messaggio positivo che ci trasmette pu?
essere accostato alle parole di Nodier sui
folli, da lui considerati come gli esseri
pi?liberi e pi?adatti a "percevoir
l'inconnu".