Sacha Rosel ha una laurea summa cum laude in Lingue e Letterature Straniere Europee e una laurea magistrale in Lingue e Civiltà dell’Asia Orientale, specializzandosi rispettivamente in lingua inglese e in lingua cinese con due tesi a tematica letteraria di ispirazione femminista. Utlizzando sia la lingua italiana che quella inglese, scrive prevalentemente opere fantastiche, spaziando dal fantasy alla fantascienza, lo sperimentale e la poesia, unendo elementi horror a tematiche taoiste. È autrice del racconto lungo fantascientifico solarpunk Pandora, Ricordanza (Delos Digital, 2024), del racconto lungo fantastico-horror (primo di una serie di cinque parti complessive) Il libro dei verdi incanti (Delos Digital, 2024), del romanzo poetico-sperimentale Rezia (QED, 2025) e del dark mythic epic fantasy My heart is The Tempest (Vraeyda, 2021), primo di una trilogia ispirata a La Tempesta di Shakespeare. Ha tradotto diversi romanzi dall’inglese all’italiano, fra i quali la trilogia Warcraft - la guerra degli antichi di Richard Knaak. Collabora con diverse riviste e portali quali Thriller Magazine.it, Libro Guerriero e Leggere Donna. Oltre al sito personale che state ora leggendo, ha un canale Substack in inglese, dove scrive le proprie idee sul processo si scrittura, su cosa sta lavorando, recensioni di libri e a volte anche film o serie televisive.








Esplorare il femminile è il mio modo di assumere una visione critica del mondo. Femminile è per me tutto quanto tenti di scardinare e smontare il sistema attraverso una continua ricerca di rinnovamento del/nel reale. "Femminile" vuol dire considerarsi processo e mutazione continui rispetto alla cultura dominante, che va assimilata per essere scavalcata.



"Acqua Viva":
articolo
apparso su
"Leggere Donna",
n. 72,
gennaio-febbraio 1998




"Acqua viva" di Clarice Lispector, Sellerio, Palermo, 1997, pp.78, Lit. 22000
di Sacha Rosel


Una pittrice decide di "evocare i regni incomunicabili dello spirito" (Michel Seuphor), trasmettendo la libert?incondizionata di se stessa in libert?all'uomo che ha smesso di amare, e lo fa scegliendo ci?che per lei rappresenta la quarta dimensione: la parola in forma di libro, usata come se dipingesse la realt?con il colore della trasparenza, o della placenta, simbolo ricorrente non di parto esterno ma di parto del s?(o meglio, del si-?, autorinascita dall'oscurit?della notte al lampo del giorno. Ponendosi come una finestra di fronte al mistero delle frasi che sgorgano rivelando il mondo, l'io si appresta alla visione degli istanti, scoprendo l'impersonale, e nella scomparsa dei confini tra entit?persone, svanisce il filo lineare della cornice-libro, sbocciando in cornice-pagina. Ogni foglio ?un quadro, o se preferite un istante, da trascorrere a piacere come e quando si vuole, separatamente dagli altri fogli.
Che cosa spinge Clarice a tuffarci nei frammenti dell'anima? ?forse la curiosit?a spingere a scrivere, a dipingere, a leggere? Curiosit? luminosa, che spinge ad attraversare l'istante nel momento stesso in cui nasce e, compiendosi, muta in scrittura, in segno di parola e colore, anima e acqua, odore dell'impersonale e dell'indistinto. Il crepitare di Clarice c'insegna la scrittura come incontro-illustrazione dell'Altro, illuminazione del segreto tempo di vivere, carne dell'invisibile magia insita fra le righe del nulla-beatitudine e della paura. Perch?essere vita ?paura, l'Essere-Vita fa paura e rode l'universo di morte che affrontiamo fuori da noi stesse ed in cui ci costringiamo, nell'accumulazione dei giorni. Ma giunge la parola viva e nuda: ?l'essenza dell' "it", ossia della Forza che Esiste nell'aria, di cui riusciamo a volte a cogliere il lampo di allegria in un barlume di magnetica pienezza al di l? del desiderio, ma che non si pu?descrivere, una volta tornate sulla superficie quotidiana di dolore e indifferenza. La parola nuda taglia l'accumulazione, cancellando la struttura della creazione in un "fac-simile di libro" (p.46) che ?nascita continua, eterna annotazione senza inizio n?fine, e per questo pura grandezza del proprio splendore ("voglio la seguente parola: splendore, splendore ?un frutto nella sua succulenza, frutto senza tristezza", p.23). ?acqua che scorre nello stupore della rapidit? perch?istante genera istante, perch?la lettura degli istanti in successione richiede avidit?dell'intervallo bianco, bagliore sensuale di esperire la trasfigurazione, il respiro bocca a bocca con l'oggetto ("gli oggetti sono tempo fermo?", p.38) e con l'animale ("le bestie mi affascinano. Sono il tempo che non si conta", p.42), il nocciolo molle e umido dell'Altro, il soprannaturale trasparente e oscuro dietro il pensiero, lo specchio come "vuoto cristallizzato che ha dentro di s?spazio per andare sempre innanzi senza fermarsi" (p.64). E nella trascendenza mistica, nascosta tra i riflessi della dura acqua, ci?che conta ?l'anonimato, l'assenza del quadro-persona, dello schema io-tu / noi-l'altro / scrivere- leggere: l'improvvisazione. Il lasciarsi scrivere il libro dalla propria mano e il lasciarsi leggere da Clarice, senza interferire. Cos?si raggiunge la vera spersonalizzazione del (dis)incarnato, che non si irradia pi? nello scrivere-leggere, ma nel dare-ricevere, l'atto d'amore insoluto e sempre nuovo che pulsa d'acqua e che ci risveglia di vita pungendo, forse, come una medusa ("agua viva", ci dice il traduttore in una nota iniziale, ?anche un'espressione usata per designare la medusa). Allora la realt? perde la sua patina dorata per mostrarsi al si-? "on peut commencer ?adorer (...) un texte (qui) déborde tout livre et vient ?notre rencontre se donner ?vivre" (possiamo iniziare ad adorare (...) un testo che oltrepassa il concetto stesso di libro e viene ad incontrarci dandosi la vita, Hélène Cixous, "L'approche de Clarice Lispector" e "Le dernier tableau" in "Entre l'écriture" , Des Femmes, 1986).








 


"Percepire l'ignoto":
articolo
apparso su
"Virus",
Anno 2,
n. 3, 1997



PERCEPIRE L'IGNOTO
L'analisi dei fenomeni di follia ha sempre implicato, dal Rinascimento in poi, un discorso della Ragione sulla Non-ragione, dell'inclus sull'exclu, come osserva cutamente Barthes a proposito del saggio "L'HISTOIRE DE LA FOLIE" di Michel Foucault. Per citare le parole eloquenti di Barthes: "L'histoire de la folie ne pourrait être vraie que si elle était naïve, c'est à dire écrite par un fou; elle ne saurait alors être écrite en termes d'histoire..." ("La storia della follia potrebbe essere vera soltanto se fosse naïve, cioè scritta da un folle ma in tal modo non saprebbe essere scritta in termini di storia"). Questo paradosso è altrettanto inevitabile in molti film che trattano l'argomento della follia. Un chiaro esempio è dato da "Diario di una schizofrenica", film del sessantotto di Nelo Risi tratto da un omonimo libro-studio di Marguerite Sechehaye su una giovane ragazza affetta da "problemi" psichici. L'opera filmica ha alcuni difetti (soprattutto l'ultima mezz'ora temporalmente troppo compattata, come capita spesso nelle trasposizioni di fatti biografici), ma anche notevoli pregi. Innanzitutto una maggiore attenzione alla "corporeità sensibile" dei segni (in questo caso le attrici) rispetto al linguaggio inteso come flusso di comunicazione verbale: lo scontro che poi si evolverà in un incontro, tra Blanche l'inclusa e Anna l'esclusa, si configura infatti come un'opposizione tra parole e gesti, linguaggio e simboli, che in alcuni momenti dell'opera, soprattutto nella fase iniziale della terapia, emerge attraverso gli elementi cromatici (penso allo sfondo chiaro dello studio su cui si stagliano il blu degli abiti di Blanche e il lilla di quelli di Anna). In secondo luogo, l'approccio della Ragione (Blanche) alla Non-ragione di Anna è posto in termini di eguaglianza, in vista di un dialogo tra pari da donna a donna. Blanche si oppone alla figura del dottore, caratterizzata da valori negativi ("Con loro non c'è niente da fare. Gli schizofrenici ci avvelenano il sangue", afferma infatti il medico della clinica), ma anche a quella della madre, che spesso troppo presa dal proprio egoistico orgoglio di generatrice di vita, non riesce a dare spazio all'affetto. Dice Blanche: "Io non sono dottoressa. Io cerco di far guarire senza medicine, di capire il loro bisogno di essere amati. Ci vuole pure qualcuno che assuma su di sé il loro male." È questa in sostanza la sua operazione di partenza: l'identificazione con l'altra, per riuscire ad accedere alla chiave del mondo interno di Anna e per procedere dunque alla costruzione di una solida personalità. L'operazione successiva si instaura lungo i canoni della psicoanalisi freudiana che, ed è questo l'aspetto più interessante del film, almeno per questa volta non si traducono nell'applicazione incondizionata del fallocentrismo, bensì in vitali simboli afferenti alla sfera del femminile. Una volta scoperta la causa centrale del blocco psicologico - ossia la carenza di affetto materno - la Ragione può instaurare un rapporto con la Non-ragione, creando un recupero della figura della madre che abbiamo visto in precedenza opporsi a quella di Blanche. Ecco dunque l'emergere delle immagini dell'albero (mamma), della mela verde (latte del seno materno) e in generale del colore verde (benefica calma): in questo modo l'esclusa impone i propri simboli, facendoli diventare realtà attraverso la sua curiosità che è quella di una bambina di fronte al mondo. Ma per capire chi vive in una realtà parallela, è necessario avere pazienza: il ruolo della madre comporta una presenza costante nell'universo della figlia che va dalla gestazione al cammino di crescita; così quando Blanche, non avendo ancora chiara l'importanza del proprio ruolo, si dedica ad altri pazienti, scatena la gelosia infantile di Anna che regredisce nello stato più tenero dell'infanzia. Anzi, ignorando l'esistenza del proprio corpo, la ragazza vive di fatto nella penombra verde del corpo della madre. La terapia darà i suoi frutti ma anche i suoi dolori: "Oggi Anna può fare a meno della mia presenza, perché mi porta stabilmente dentro di sé e sono io che la devo perdere. Sento dentro come un lutto, ma questo è il prezzo di una nascita". Ed è qui che il film perde un po' della sua efficacia, condensando in maniera sbrigativa più di tre anni di vita e di crescita insieme; il messaggio positivo che ci trasmette può essere accostato alle parole di Nodier sui folli, da lui considerati come gli esseri più liberi, perché più adatti a "percevoir l'inconnu".


LUNA DONNA